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"Una storia diversa" è un'autobiografia che ripercorre la vita dell'autore a partire dalla contrazione della poliomielite, malattia ancora molto diffusa negli anni '40 del Novecento, nei primissimi anni della sua infanzia a Napoli. I primi ricordi, quelli in cui la sua vita di più si intreccia strettamente a quella della madre lucchese - mamma Mea, una donna di grande tempra - e di un padre, Dino, forzatamente assente, e del fratello maggiore, Adriano, sono dunque quelli della difficoltà e del dolore delle cure, ancora applicate in via del tutto sperimentale. Seguono le prime esperienze scolastiche di Fulvio, dove scopre definitivamente la condizione della solitudine e la propria diversità rispetto ai compagni di scuola. Da qui scaturisce nel libro un forte messaggio: l'obiettivo di assicurare condizioni di pari opportunità ai disabili è ancora lontano, nonostante ci siano state nel tempo norme più favorevoli all'inserimento; e di fatto anche il nostro Paese si priva così di risorse utili alla comunità. Segue anche, molto dopo, il primo sbocciare di una sua propria coscienza politica: quella di preservare, senza demolirlo, il proprio passato evitando pure il riflusso nella vita consumista e borghese dei tanti contestatori di quegli anni. Tra tutte queste vicende si inserisce, dopo il suo ritorno in Toscana, a Ghivizzano, il continuo rapporto con i medici e le strutture che gestiscono. Sono questi, appunto, per il loro camice, gli "Angeli bianchi" e, per la loro azione risanatoria, gli "Angeli del bene". Tutti, uomini e donne, persone capaci di operare umanamente riparando, nonostante il dolore e i sacrifici, la salute di ogni sofferente e, più nello specifico il miglioramento delle condizioni di Fulvio, che riuscirà sempre meglio, sia pur malamente, a camminare. Sono, queste, le ultime riflessioni dell'autore. Riflessioni che si confrontano alle pandemie dell'oggi, quando l'azione sempre più dissennata degli uomini lascia sviluppare o risvegliare vecchie-nuove malattie da cui sarà sempre più complicato ripararsi; e crea una società sempre più disumana di violenza sulla natura e di grande solitudine sociale legata all'ipertrofia social del Web.